DENDROCRONOLOGIA

Alberi testimoni della storia potrebbe essere la parafrasi della scienza “Dendrocronologia”, ovvero l’albero come organismo vivente in grado di registrare, puntualmente nello xilema, ciò che è avvenuto nell’ambiente circostante e le vicende che più da vicino sono collegate alla vita ed alla storia dell’uomo.

La “Dendrocronologia”, che deriva etimologicamente dal greco Déndron = albero e Chrónos = tempo, a ben guardare non è una scienza nuova trovando già un esplicito riferimento nel “Trattato della Pittura”, Libro VI, “Degli alberi e verdure” di Leonardo da Vinci anche se l’influenza delle stagioni sugli accrescimenti viene descritta ancor prima da Esiodo e Teofrasto, Plinio, Vitruvio e Columella con riferimenti anche nella letteratura biblica, assira, egizia.

In una accezione moderna la dendrocronologia assurge a vera e propria scienza agli inizi del XX secolo con una paternità che in prima istanza era stata attribuita ad un astronomo americano (Andrew Ellicott Douglass), ma che ora viene discussa poiché i prodromi si ritrovano anche negli scritti di altri studiosi europei.

I parametri ed i metodi che utilizza la disciplina per decrittare i segnali dell’ambiente sono diversi ed hanno anche diverse scale temporali di risoluzione.

L’elemento xilematico che è più facilmente individuabile per le ricerche dendrocronologiche è l’anello di accrescimento che si sviluppa in molte specie delle zone temperate con cadenza annuale (FIG. 1). Le ricerche meno dispendiose in termini di tempo, ma che comunque forniscono risultati di notevole valenza sotto il profilo scientifico, sono proprio quelle che si avvalgono della misurazione dell’ampiezza degli anelli di accrescimento.

La misurazione degli anelli di accrescimento può avvenire su reperti, campioni e/o manufatti utilizzando dei contatori che hanno una approssimazione del centesimo o del millesimo di mm, anche se lenti graduate al decimo di mm (quelle utilizzate per la filatelia per intenderci) riescono a fornire comunque ottimi risultati (FIG. 2). La misura può avvenire anche su fotografie oppure lastre radiografiche purchè l’immagine sia perpendicolare alla superficie in cui si trovano gli anelli.

Riportando in ordinata l’ampiezza anulare e in ascisse il numero dell’anello, ovvero l’anno in cui esso si è formato, si ottengono dei grafici denominati curve dendrocronologiche. Si distinguono curve dendrocronologiche (ovvero cronologie) assolute e curve dendrocronologiche (ovvero cronologie) fluttuanti. Le cronologie assolute (FIG. 3) sono quelle in cui si è riusciti a risalire all’anno di calendario corrispondente di ogni singolo anello di accrescimento. Le cronologie assolute derivano dalla misurazione di campioni prelevati da alberi viventi (rotelle oppure carote prelevate con trivella di Pressler) oppure sono relative a reperti storico-artistici e archeologici datati dendrocronologicamente. Le curve dendrocronologiche fluttuanti sono invece quelle costruite sui legni in cui non è dato conoscere l’anno di formazione dell’ultimo anello di accrescimento (FIG. 4)

Nelle cronologie anulari sono riconoscibili fluttuazioni di crescita che possono essere suddivise in fluttuazioni di alta frequenza, di media frequenza e di lunga frequenza attribuibili a precisi eventi nell’ambiente circostante. Oscillazioni di lunga frequenza assumono la fisionomia di veri e propri trend biologici oppure sono riconducibili a perturbazioni ambientali di lungo periodo (glaciazioni, movimenti del terreno,…).

Fluttuazioni di medio periodo possono essere causate da periodicità climatiche o persino da modifiche nell’attività maculare solare, dai rapporti di vicinato in popolamenti forestali (competizione o sinergia), da movimenti del terreno, da fenomeni di inquinamento ed altro.

Le fluttuazioni di breve frequenza sono quelle che interessano maggiormente nei procedimenti di datazione dendrocronologica. Sono riconoscibili soprattutto in massimi e minimi uniannuali di ampiezza anulare che sono espressione di anni climaticamente caratterizzanti. Essendo il clima un fattore che contraddistingue aree geografiche di una certa estensione, rende confrontabile l’andamento delle curve dendrocronologiche relative a siti differenti. Il procedimento che determina il periodo di sovrapposizione delle curve dendrocronologiche prende il nome di sincronizzazione. La sincronizzazione può essere ottica (basata sulle caratteristiche macroscopiche degli anelli dei campioni a confronto), grafica (derivante dalla sovrapposizione dei massimi e minimi di accrescimento nelle curve dendrocronologiche) e statistica (sfruttando coefficienti di correlazione e test di affidabilità statistica) e può essere operata su curve relative a più misurazioni all’interno del medesimo albero, su cronologie di piante oppure di popolamenti diversi, etc.

Confronti di lunga distanza (teleconnessioni) e paragoni tra specie diverse (eteroconnesioni o connessioni inter-specifiche), che ad un primo esame possono sembrare improbabili, testimoniamo altresì una comune impronta ambientale che permea ed influenza puntualmente l’accrescimento delle piante che sono vissute anche in aree apparentemente distanti tra loro.

Particolarmente importanti sono quelle cronologie che, essendo rappresentative di una determinata area ed essendo state realizzate con un certo numero di campioni, permettono di operare dei confronti al fine di ottenere delle datazioni.

Come cronologie di riferimento sono in genere indicate quelle cronologie ben replicate che rappresentano un punto fermo per l’operazione di sincronizzazione. Le cronologie di riferimento possono anche essere storiche, relative cioè a manufatti storici o reperti archeologici. Con il termine master chronologies vengono in genere indicate quelle cronologie anulari che contengono un comune segnale climatico di valenza quantomeno regionale. La lunghezza delle cronologie di riferimento e/o di master chronologies dipende in primo luogo dalla longevità degli alberi, ma in realtà con un procedimento di sincronizzazione a ponte, si possono ottenere curve che si estendono, come avviene per la master chronology costruita sulla quercia europea (Quercus robur L. e Quercus petraea Liebl.), per diversi millenni (FIG. 5).

La dendrocronologia in relazione all’obiettivo che si propone viene suddivisa in sotto-discipline come: dendroarcheologia, dendroecologia, dendroclimatologia, dendrogeomorfologia, dendroglaciologia, pirocronologia etc.

APPLICAZIONI

Beni culturali

Lo studio del legno permette di estrarre dai manufatti lignei i messaggi che la pianta matrice ha scritto in codice nei propri tessuti durante la vita, o che gli assortimenti in opera hanno in qualche modo registrato nel corso dei secoli. Ne deriva che, dall’esame dei manufatti lignei in genere è possibile trarre indicazioni sulla collocazione temporale dei manufatti stessi, su restauri e rimaneggiamenti avvenuti nel tempo, su scelte e preferenze dei singoli autori, su metodi di lavorazione e stagionatura e perfino su usi, costumi, pratiche commerciali e selvicolturali del passato. Il legno può essere quindi interpretato come un documento nel quale cronisti hanno annotati fatti e vicende, che spesso hanno inciso sulla storia stessa dell’uomo.

Non sempre è possibile fare misurazioni dirette o prelevare campioni; si ricorre in questi casi a rilievi indiretti attraverso la trasposizione su carta trasparente o, più semplicemente, su carta bianca, con punte o matite, di settori di percorsi anulari o quanto meno di limiti di separazione fra zone tardive e zone primaticce lungo determinate direttrici.

Per le opere d’arte a volte si usano rilievi con calchi in resine sintetiche, in sostanze plastiche facilmente modellabili; si ottengono così dei negativi che possono essere letti con qualche precauzione a tavolino.

Sono stati usati anche tastatori, in pratica delle punte che affondano con intensità diversa a seconda del legno nei vari settori dell’anello annuale. I risultati sono discreti, ma restano nel manufatto dei piccoli segni in successione continua, che disturbano l’integrità dell’opera.

In qualche caso si fa uso della fotografia, specialmente se la superficie da esaminare è poco estesa, se non vi sono pendenze, ombre ecc., e con sezioni di conifere o di latifoglie a cerchia porosa si ottengono buoni risultati.

Ma i legni dei manufatti artistici spesso testimoniano anche scelte, preferenze e metodi di lavorazione adottati dai vari autori. Per esempio l’indagine sulle caratteristiche xilematiche ha messo in evidenza che i tre dipinti Il Cardinale Albrecht, Apollo e Diana di Berlino e Il giudizio di Paride di Karlsruhe sono stati stesi da CRANACH IL VECCHIO su tavole provenienti da uno stesso tronco di faggio; analogamente, da un unico “toppo” derivano il Ritratto di un giovane ebreo e il Cristo di REMBRANDT.

E’ questo un aspetto interessante che la Dendrocronologia mette in rilievo: quando un autore trova un legno in cui ritiene di potersi esprimere al meglio lo conserva e lo utilizza per più opere anche in tempi successivi. La scelta e la lavorazione del supporto sono tipiche dell’autore, sono collegate alla creazione artistica, ne influenzano la qualità estetica, la sostanza fisica dell’immagine e l’anatomia della spazialità pittorica. Ad esempio, SIMONE LENNER, intagliatore del secolo XVII al quale oggi la critica riconosce il rango di scultore di livello europeo, intaglia due altari ubicati in valli diverse in legni ricavati dallo stesso tronco.

Dendrocronologia nei Beni Culturali significa anche valorizzazione di specie nei parchi e nei giardini storici. L’analisi dendrocronologica unita all’identificazione anatomica dei reperti lignei diviene strumento indispensabile nella programmazione con criteri filologici di interventi di restauro nei giardini storici. In questi contesti il forte impatto antropico rende talora difficoltose le analisi dendrocronologiche che talora cercano di corroborare le indicazioni che emergono dalle indagini storico-archivistiche. Un caso interessante sotto questo profilo è quello che ha riguardato le camelie del parco della Reggia di Caserta, sottoposte più volte nel corso dei secoli scorsi a tagli e le potature che hanno dato origine a forme pollonifere con fusti policormici. Gli abeti bianchi del giardino del Palazzo Farnsese a Caprarola (VT) invece sono dei buoni indicatori ambientali nonostante le vicissitudini che hanno subito nei secoli scorsi ed hanno dato origine ad un boschetto con una conformazione naturale per il quale la dendrocronologia può fornire un contributo nella scelta di opportune metodologie di gestione selvicolturale.

DENDROECOLOGIA

La Dendrocronologia occupandosi delle vicissitudini di piante e soprassuoli, può dare informazioni che pertengono alla storia dell’attività agricola, agli usi e costumi delle popolazioni rurali ma pure urbane, insomma alla storia stessa dell’uomo.

Diradamenti, schianti, sistemi di governo e trattamento, rapporti di vicinato e stato sociale delle piante si riflettono in andamenti caratteristici nelle curve dendrocronologiche, in anni caratteristici e repentine variazioni di accrescimento, in ferite e traumi cambiali in genere. In questo modo possono essere ricostruiti gli interventi antropici del passato, le utilizzazioni boschive, le tipologie di governo e trattamento selvicolturale.

La Dendroecologia ha permesso di datare l’anno in cui sono state effettuate potature, capitozzature, resinazioni così come gli effetti di compattamento del suolo forestale sono puntualmente registrati non solo nell’andamento delle cronologie anulari ma anche in ferite, necrosi, tessuti cicatriziali, canali resiniferi traumatici, alterazioni cambiali in genere.

Con la Dendrocronologia nelle querce e nel larice europeo sono state ricostruite le infestazioni cicliche di insetti defogliatori che hanno inciso sull’economia di intere regioni. La frequenza con cui si ritrovano cicatrici xilematiche permette anche di ricostruire la pressione degli ungulati sui soprassuoli forestali e l’entità dei danni causati da roditori, uccelli ed altri abitanti del bosco.

Gli studi dendrocronologici permettono anche di datare l’insediamento di agenti fungini quali il cancro del castagno oppure la puccinia sulla Berberis vulgaris, ma anche l’effetto del del vischio e dell’edera è identificabile nei turbamenti di attività cambiale.

L’effetto del fuoco sui popolamenti forestali con la pirocronologia (branca della Dendroecologia), così come gli interventi in ambiente urbano come l’apertura di strade, il cospargimento con sale di viali può essere indagato in base alle modalià di formazione degli accrescimenti anulari.

Le piante attraverso i secoli hanno quindi registrato nei loro tessuti in codice fatti ed eventi, che hanno influenzato anzi condizionato la loro storia e, in buona misura, la storia stessa dell’Uomo. Specie stenoiche, sensitive e comunque esigenti, mettono in evidenza le variazioni e microvariazioni ambientali indotte dalla polluzione atmosferica, dalle deposizioni acide, dalle effluenze e tanto altro ancora.

DENDROGEOMORFOLOGIA

La Dendrocronologia, unitamente alla Dendrometria, può dare informazioni sulle vicende che hanno segnato la storia di regioni, fiumi, rive lacuali e marine, la storia insomma che ha interessato in qualche misura la crosta terrestre. Così ad es. i tronchi sommersi in vari laghi alpini (Rovine in Piemonte, Tovel in Trentino) datano eventi franosi connessi con l’inizio della piccola glaciazione. Nel Mugello in Toscana un grosso abete, rinvenuto in una frana, con i suoi 193 anelli chiaramente leggibili colloca la caduta della pianta prima della ripresa vegetativa dell’anno 1335. In effetti nel Libro IX delle “Croniche” del Villani si legge che nella primavera del 1335 il Mugello fu sconvolto da un’alluvione in cui perirono persone e armenti e furono travolti case e boschi. Analoghe considerazioni valgono per un altro abete, venuto alla luce al Monte Conero in Romagna, le cui sequenze anulari si fermano al 1640.

Testimoni di eventi eccezionali sono le ceppaie di farnia del Subboreale padano (1800 a.C.), scavate nel corso dei lavori per l’autostrada del Brennero nei pressi di Rubiera; i reperti presentano successioni anulari che consentono di estrapolare indicazioni sul clima dell’epoca.

Le sequenze anulari offrono informazioni sui percorsi di valanghe, sull’area d’azione di eventi meteorici eccezionali. Al Vajont i larici del Monte Toc dal 1963, anno della nota catastrofe, formano lungo i loro percorsi anulari ampi settori di tessuti di compressione (canostro), cosicché esaminando il legno di quei larici si avverte chiaramente che nell’anno 1963 deve essere successo qualche cosa che ha modificato la vita delle piante in quella zona.

Con questi metodi in America sono stati tracciati percorsi dei cicloni dei secoli passati, mentre sulle Alpi e sui Carpazi si sono registrati avanzamenti e ritiro di ghiacciai, frequenza e percorsi di valanghe, straripamenti, deviazioni di corsi d’acqua, allagamenti, alluvioni.

I movimenti dei ghiacciai vengono ricostruiti tramite la datazione di reperti lignei sub-fossili, contando l’età degli alberi che hanno ricolonizzato gli ambienti al limite superiore della vegetazione arborea. La Dendrocronologia ha evidenziato la riduzione spettacolare dei ghiacciai nei secoli più recenti sulle Alpi e in un’ottica interdisciplinare ha consentito di ricostruire le vicende climatiche degli ultimi millenni.

La storia dei cambiamenti geologici di breve termine come cadute di massi, movimenti di versante, fenomeni di erosione, frane in genere è ricostruita non solo con l’analisi delle ampiezze anulari ma anche identificando le ferite nel legno e localizzando temporalmente l’instaurarsi di anomalie xilematiche come i legni di reazione (legno di compressione nelle conifere e legno di tensione nelle latifoglie) ed eccentricità.

PALEOCLIMATOLOGIA

La Dendrocronologia da sola, o meglio ancora se unita alla Densitometria, può dare indicazioni sulle stagioni recenti e passate; sono indicazioni particolarmente utili se si considera che le rilevazioni meteorologiche sistematiche datano da meno di tre secoli e, in ogni caso, sono riferite almeno fino al secolo scorso, prevalentemente a grossi centri urbani.

Con l’elaborazione di modelli statistici, l’introduzione delle funzioni risposta, la comparazione di specie a temperamento diverso, si stanno caratterizzando nei dettagli le stagioni del passato.

Querce e cerro in particolare sono sensibili alla piovosità e alle temperature di determinati mesi o gruppi di mesi (es. ottobre-novembre dell’anno n-1, luglio dell’anno n, ecc.). L’abete bianco ed il ginepro risentono delle primavere siccitose; tasso, faggio, acero registrano annate ricche di pioggia, il pino domestico e il pino d’Aleppo denunciano gli inverni particolarmente freddi. E così via.

Il clima rappresenta generalmente il segnale di più ampia scala. Periodi consecutivi di massimi e minimi di ampiezza anulare che producono quasi un sussulto negli accrescimenti anulari si ritrovano come impronte tipiche di aree notevolmente estese. Ne sono un esempio la Sägesignatur del 1530-1540, le segnature di Landshut del 1400, il minimo di Maunder, la piccola età glaciale, l’epoca calda medievale seppure talora presenti con connotazioni diverse nei ritmi di accrescimento di diverse specie arboree. Il panorama muta tanto più si sposta in area mediterranea, perché le precipitazioni divengono il fattore limitante per le piante ed essendo caratterizzate da una maggiore variabilità spaziale e temporale, rendono talora più problematica la sincronizzazione tra le cronologie anulari. Così ad esempio sono dei marker i minimi del 1922, 1931, del 1949 e del 1952 corrispondenti ad anni siccitosi che si ritrovano nelle querce, nel faggio e nell’abete bianco di molte stazioni in Italia centro-meridionale.

Catastrofi naturali, come terremoti ed eruzioni vulcaniche come quella del Vulcano Thera nell’isola di Santorini e del Vulcano Tambura che nel 1816 provocò l’anno senza estate si ritrovano nei segnali xilematici di larga scala su specie ecologicamente anche poco affini tra loro.

ALTRE APPLICAZIONI

ORGANOLOGIA MUSICALE

Un capitolo della storia dell’arte riguarda l’organologia musicale, settore nel quale la Dendrocronologia si trova, al momento, in posizione di preminenza.

In Italia, terra di alta tradizione liutaria, si annoverano studi su viole, violini, violoncelli della Collezione Musicale Medicea di Firenze, sull’Arpa Barberini del Museo degli Strumenti Musicali di Roma, su due clavicembali del secolo XVIII.

L’organologia è campo particolarmente difficile da esplorare, specie nel caso degli strumenti ad arco. In questi infatti l’elemento sul quale si possono effettuare rilievi dendrocronologici è il coperchio della cassa armonica, formato da due tavole simmetriche di abete rosso accostate lungo una commessura centrale.

L’abete rosso è di per sé una specie di difficile interpretazione; a questo si aggiunga che quello scelto per le casse armoniche – cosiddetto “di risonanza” – presenta omogeneità di accrescimenti, scarsa sensitività, elementi che sembrano conferire al legno particolari caratteristiche timbriche e di smorzamento delle risonanze.

C’è poi una difficoltà di ordine pratico nel caso degli strumenti dei secoli dal XVI in qua. Si nota infatti che, mentre per strumenti dell’epoca attuale o del secolo scorso gli esami vengono perfino sollecitati, per gli strumenti dei secoli anteriori i controlli non sono sempre graditi. La Dendrocronologia infatti può fare giustizia di attribuzioni e rivelare imitazioni e rimesse, tanto più che nel secolo XVIII era frequente l’uso da parte dei liutai di incidere od etichettare i propri manufatti con nomi gloriosi dell’arte liuteria del passato. E poiché il campo dell’organologia musicale sottende un vasto giro di interessi, affettivi e commerciali, il discorso non richiede commenti.

Gli strumenti liutari – viole, violini, violoncelli, tiorbe, ecc. – possono essere studiati in funzione delle cronologie legate alle piante matrici degli assortimenti lignei che li compongono. Tale riordino può differire in alcuni casi sensibilmente rispetto alla collocazione temporale dello strumento, perché i legni utilizzati dal liutaio possono essere rimasti in deposito per anni o possono essere stati ricavati dalla parte più interna, più vecchia, della pianta matrice.

Il riordino su basi dendrocronologiche implica talvolta la rettifica di datazioni ormai accettate o quanto meno dichiarate. Naturalmente la rettifica riguarda il terminus post quem dello strumento, ma è pur sempre importante perché in qualche caso può togliere credibilità ad attribuzioni consolidate.

Un parametro che ha caratterizzato la produzione liutaria, che nei secoli dal XVII al XIX ha raggiunto livelli eccelsi è la densità dei tessuti legnosi formatisi durante le alterne vicende della piccola età glaciale. Oggi le indagini radiodensitometriche propongono nuove interpretazioni sulle proprietà fisico-meccaniche del legno impiegato nelle casse armoniche. Infatti la densità inter e intranulare risente in maniera incontestabile degli andamenti stagionali, che nella piccola età glaciale ebbero connotazioni peculiari. Basti appena accennare, a titolo d’esempio, all’abete rosso di “risonanza”, legno principe per casse armoniche, le cui zone anulari tardive e conseguentemente la densità intranulare sono influenzate dall’andamento termoigrometrico primaverile. E, come è noto, velocità, irradiazione, dissipazione, smorzamento del suono sono funzioni della densità del mezzo. In questo contesto quindi va ricercata una delle cause fondamentali, se non la principale, che hanno conferito agli strumenti dei secoli scorsi quelle caratteristiche timbriche che li contraddistinguono.

Le radiografie e i diagrammi densitometrici che ne derivano propongono ancora una volta le casse armoniche degli strumenti liutai e soprattutto i coperchi delle stesse come documenti inoppugnabili di fatti climatici collocati in un ambito temporale preciso.

MATERIE LEGALI

Com’è noto, la Dendrocronologia studia la storia delle piante arboree, colloca reperti e manufatti lignei in un preciso ambito temporale, fornisce indicazioni su metodi di lavorazione, di stagionatura e sulle provenienze degli assortimenti.

In questo contesto quindi la Dendrocronologia può portare anche un valido contributo in vertenze giudiziarie riguardanti piante arboree o manufatti lignei.

E in effetti ad applicazioni forensi di questa disciplina oggi si accenna anche in riviste giuridiche e perfino in qualche testo di criminalistica.

La Dendrocronologia viene correntemente utilizzata nelle indagini riguardanti epoche di taglio, rapporti di vicinato, parallelismi, usucapione, furti di legnami. I confronti fra le successioni anulari di tronchi o assortimenti di provenienza ignota o sospetta e le successioni rilevabili in ceppaie, in pezzi residui, o anche semplicemente i confronti con cronologie anulari note (master chronologies) forniscono elementi probanti per stabilire provenienze, età, tempi di stagionatura, ecc..

Frequenti sono – e lo erano ancor più in passato – le perizie riguardanti tagli ed epoche di taglio, per le quali le Prescrizioni di Massima e i disciplinari di alcune Amministrazioni fissano termini precisi.

Oggi, con la costruzione dei tracheidogrammi, per le conifere si arriva a stabilire il mese, se non la settimana, in cui è avvenuto il taglio. Se poi il taglio è avvenuto durante il periodo di riposo autunno invernale, l’epoca si può circoscrivere in base alla resistenza opposta dal legno al tagliente, alla translucidità delle sezioni, alle microcrinature delle pareti cellulari e, in qualche caso, allo stadio del “gefrorenes Holz”.

Le successioni anulari nel caso di inquinamenti segnalano sintomi di sofferenza con un anticipo di due tre anni rispetto alla chioma, alla corteccia, alla silhouette. Non sempre l’azione degli inquinanti porta la pianta alla morte, ma sempre si traduce in una variazione degli incrementi annui radiali, in perdite di biomassa, in anomalie nella fruttificazione, in modificazioni fisico chimiche dei tessuti.

Riduzioni e anomalie anulari si riscontrano per turbe causate da brusche variazioni dei rapporti di vicinato, per lavorazioni del terreno in prossimità della pianta in piedi, per abbassamenti di falde.

Attraverso le indagini dendrocronologiche sono state più volte messe in luce false attribuzioni e false datazioni di opere di interesse storico artistico.

False datazioni e false attribuzioni sono abbastanza frequenti in campo organologico, anche perché talvolta sottendono grossi interessi. Ma non sempre le falsificazioni in questo settore sono avvenute, almeno in origine, per dolo: era infatti invalso in campo liutaio, per un certo periodo, l’uso di etichettare con nomi illustri (es. Stradivari, Guarneri, Gabbrielli, ecc.) strumenti particolarmente ben riusciti, come a rendere omaggio ai grandi maestri del passato.

Una macabra applicazione della Dendrocronologia è stata fatta da Huber per stabilire la data di costruzione di una fossa comune a Dachau. Operazioni analoghe sono segnalate altrove in occasione di indagini su occultamenti di cadaveri.

DENDROCRONOLOGIA IN VAL PETRONIO

L’ECOMUSEO DELLA CULTURA CONTADINA DI VELVA IN COMUNE DI CASTIGLIONE CHIAVARESE, IN COLLABORAZIONE CON IL MUSEO CIVICO DI ROVERETO, LABORATORIO DI DENDROCRONOLOGIA, HA REALIZZATO A PARTIRE DALL’ANNO 2011 UNA COLLABORAZIONE AL FINE DI STUDIARE LE PIANTE DEL TERRITORIO DELLA VAL PETRONIO.

QUI DI SEGUITO RIPORTIAMO IL DOCUMENTO PRODOTTO

museo_civico_di_rovereto_con_ecomuseo_di_velva_studio_dendrocronologia_in_val_petronio.pdf

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Sono riportate all’interno di questo documento, parti di alberi raccolti anche dal Direttore Claudio Monteverde, e alberi presenti all’interno delle sue proprietà.